SQIZO
CINEMA DELLA FOLLIA
SQIZO
Di Duccio Fabbri
Italia, USA, Francia 2020, 70’
Cinema Postmodernissimo, domenica 11 ottobre, 21.30
SCHEDA FILM
Regia: Duccio Fabbri
Scritto da: Duccio Fabbri e Dejana Pupovac
Montaggio: Jacopo Quadri
Fotografia: Bartosz Nalazek
Musica: Alessandro Cortini
Montaggio del suono e mix: Daniela Bassani, Stefano Grosso e Giancarlo Rutigliano con Louis Wolfson e con Paul Auster, Sylvère Lotringer, Richard Sieburth, Angelica e Benjamin Van Der Dyst, Esteban Santiago.
Interpreti: Emily Fleischer, Marcia Haufrecht e Joshua Wills.
Prodotto da: Valeria Adilardi, Duccio Fabbri, Luca Ricciardi e Laura Romano
Post Producer: Mauro Vicentini
Co-Prodotto da: Charlotte Uzu
Produttori Esecutivi: Fabio Nesi, Michael Sherman e Richard Sieburth Una produzione FilmAffair e Epsifilm in collaborazione con Rai Cinema e Les Films d’Ici
Distribuzione internazionale: Cinephil
SINOSSI
La storia di Louis Wolfson, scrittore del Bronx, che ha lottato per tutta la vita contro le definizioni correnti di malattia mentale, fortuna e linguaggio. Diagnosticato schizofrenico in adolescenza, ha ripudiato la lingua madre in favore di un idioma del tutto personale. Autore cult nella Parigi degli anni Settanta, negli Stati Uniti è rimasto un perfetto sconosciuto, giocatore d’azzardo incallito, homeless, outsider assoluto. In età matura si è trasferito a Porto Rico, dove la sua fortuna è cambiata di colpo e dove l’autore del film lo ha rintracciato: a 89 anni vive ancora solo e sospeso tra due mondi, quello del silenzio e quello della parola.
NOTE DI REGIA
Ho scelto Wolfson tra tutte le possibilità che avevo perché lui era quello più svantaggiato, emarginato e diverso di tutti. Sebbene sia americano, Wolfson rifiuta la lingua inglese in ogni forma: scrive in francese e si esprime in un mosaico di lingue straniere. La scrittura dei suoi libri è elegante e piena di autoironia ma dall’effetto crudo, fisico e senza filtri. Il lettore finisce per dividersi tra riso e angoscia, sorpresa e malinconia. Per Wolfson l’esperimento linguistico e il ricorso alle altre lingue non è una questione di estetica, ma di sopravvivenza: sin dalla sua gioventù l’ascolto della lingua madre lo getta in stati di indicibile angoscia. Wolfson ha escogitato una via di guarigione dalla diagnosi di schizofrenia, raggiungendo una tale coerenza tra pensiero e azione da rendere la sua vita un’opera d’arte. La persistenza di Wolfson nel vivere nella realtà della parola scritta, invece che in quella parlata, lo rende un uomo invisibile, come nella leggenda del ‘Flying Dutchman’: una figura visibile a tratti e non da tutti, destinata all’errare perpetuo.
Quando ho saputo che era ancora vivo, ho sentito il dovere di raccogliere la testimonianza di questa vita di resistenza in un film documentario su di lui. Un rapporto nato sotto il segno della diffidenza – mi credeva un possibile agente segreto italiano! – e culminato, anni dopo, in amicizia. Wolfson siede esattamente all’angolo del nostro universo e il film è il tentativo di lanciarsi nel sistema solare per raggiungere il pianeta Wolfson, un luogo misterioso, sia per la medicina che per l’arte. Penso che la vita e le azioni di Wolfson siano estreme ed esemplari. Infatti i suoi atti (come il rifiuto della lingua madre, il disprezzo per la psichiatria, il rifiuto delle più elementari istituzioni sociali) possono essere interpretati come gesti politici: forme di resistenza e sopravvivenza – che sono anche un incredibile esempio di auto-terapia – praticate attraverso esperienze e scelte radicali ed estreme, che ci mettono di fronte ad un nuovo punto di vista sul mondo.
Sqizo è un ulteriore tassello nell’opera artistica di Wolfson. Si iscrive infatti nei processi creativi necessari di Louis (come lo sono stati precedentemente i suoi libri) e ne rappresenta l’espressione più recente. C’è infatti, nella scelta di partecipare a un film che è anche in inglese, la volontà di avviare un percorso di riconciliazione con la lingua madre. Ma c’è anche, nella lunga e tormentata decisione di partecipare alle riprese, la scelta di essere finalmente visto, di rendersi visibile. Non un film su Wolfson, dunque, ma un film con Wolfson, in cui si manifesta la sua volontà di portare avanti una peculiare e sorprendentemente ironica forma di comunicazione con il mondo.
DUCCIO FABBRI
SQIZO è l’opera prima di Duccio Fabbri che è attivo come aiuto regista e regista negli Stati Uniti e in Italia. Tra gli altri Duccio ha lavorato con Marco Bechis, Sara Colangelo, Paul Dano, Andrew Dosunmu, Rashid Johnson, Ken Loach, Salvatore Mereu, Crystal Moselle e Josh e Benny Safdie.