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Rue Garibaldi
Categoria PerSo Cinema Italiano

Di Federico Francioni
Italia, 2021, 72’

Venerdì 07 ottobre, Cinema Postmodernissimo, Via del Carmine 4, ore 19.00

SCHEDA FILM

Titolo originale: Rue Garibaldi 

Montaggio, immagine, suono: Federico Francioni 

Collaborazione al montaggio: Gaël De Fournas, Giorgia Villa 

Montaggio del suono: Federico Francioni 

Mix: Riccardo Spagnol, Marco Falloni

Correzione colore: Andrea Maguolo

Con: Ines e Rafik Hackel

SINOSSI

Ines e Rafik hanno vent’anni e lavorano da dieci. Vivono da poco in una periferia parigina, hanno origini tunisine ma sono cresciuti in Sicilia: la loro esistenza è un movimento precario, fatto di interruzioni, cambiamenti e umiliazioni. Nella casa, l’uno è lo specchio dell’altro. Il tempo si dilata, la città si fa più lontana. Quando arrivo, mi mostrano orgogliosi lastrada di casa loro: Rue Garibaldi.

Note del regista

“Mi dà fastidio, sembra un autovelox” dice Ines, che non ha molta voglia di essere filmata. Siamo fermi in questa casa da giorni, forse già settimane, e anche se tutto sembra immobile, c’è qualcosa di inafferrabile che succede ogni giorno. Effettivamente ha ragione, è una sorta di inseguimento: da quando ho conosciuto Ines e Rafik, questa coppia assoluta, indefinibile, ho provato una folgorazione per le loro vite, materia incandescente e ricca di stratificazioni, di traiettorie e segni del presente, allo stesso tempo sospesa e immobile in questa casa, in un lungo intervallo transitorio verso qualcosa che verrà. È possibile registrare qualcosa in continuo movimento, anche nella stasi?

È la prima volta che vengo a trovarli. Sul treno, riascolto la voce di Ines. Ha un accento siciliano, un suono scuro, ancora adolescente. Immagino stia tornando a casa dopo essere stata al mercato di Villeneuve Saint-Georges; riesco a sentire il rumore degli aerei che atterrano a Orly, così forte da coprire quasi la sua voce. “Ho accettato di partire un martedì di settembre, e venerdì ero già qui”, dice: in questa banlieue desolata, a mezz’ora dalla città. Non ha ancora vent’anni e ha già un debito di ventimila euro sulle spalle: lo zio le ha fatto fare da prestanome per una società di trasporti e poi è sparito. Non ha avuto neanche il tempo di rendersene conto, e già ha dovuto accettare un nuovo lavoro, per un’azienda italiana. È inquieta, stanca; mi racconta la sua storia in un lungo messaggio vocale, registrato durante la notte. La sua voce, al telefono, conserva soltanto le frequenze più essenziali, e mi dico che questo aspetto primitivo e spigoloso dovrebbe essere anche il percorso del film, mentre salgo verso la casa in Rue Garibaldi. Da qui non usciremo mai, o quasi. Il mondo esterno entra dalle finestre, dai telefoni, dai ricordi che condivide soltanto con suo fratello Rafik, in un rapporto assoluto. A diciassette anni lui sognava di fare il pilota di aerei, aveva studiato per questo, ma poi ha scoperto di non potersi permettere la licenza. “Allora sono diventato autista”, mi dice sorridendo allo specchio, mentre indossa una camicia nuova per un nuovo turno di lavoro. Dopo aver passato un anno a lavorare di notte per Uber, dormendo in macchina, la città per lui è soltanto un insieme oscuro di punti luminosi, una vertigine. Gli piace parlare di sé, mostrarsi: non è un caso che prima di ritrovarsi qui era una giovane promessa del Partito Socialista Italiano di Vittoria; mi fa vedere come parlava alla piazza prima delle elezioni. Si sentiva vivo, sicuro. Adesso tutto è più confuso, non c’è una linea da seguire ma soltanto idee in tutte le direzioni: una notte passata a servire i panini in un fast-food; il progetto di tornare in Tunisia, ritrovare la famiglia; accumulare soldi con il trading; comprare una nuova macchina.

Mentre giro, mentre vivo con loro, mi chiedo dove stia andando questo film, che strada prenderà. Le loro esistenze sono costantemente attraversate dalle traiettorie più disparate: questioni di lavoro, di precarietà, di identità, di una ricerca di senso. Sono fratelli, amanti, una famiglia, sono ancora adolescenti e già adulti, a volte quasi bambini. Provo ad essere pronto, ma sono in balìa degli imprevisti; cerco la giusta distanza. I confini mi sfuggono, ma non riesco a smettere di osservare questi due fratelli, di partecipare alla loro umanità, a questo momento di passaggio che faticosamente sta avvenendo. Sento che la loro storia diventa anche mia, che sono lì ad ascoltarli. Intanto, il mondo esterno è come svanito: fuori potrebbe essere ancora notte, potremmo vedere il mare, o un deserto che continua a crescere.

 

Federico Francioni

Nato a Campobasso nel 1988, dopo il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia firma con Yan Cheng i documentari Tomba del Tuffatore e The First Shot – Miglior Film alla 53ma Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro – e il cortometraggio Octavia, promosso dal Chicago Film Archive e realizzato con materiali d’archivio. Tra le esperienze internazionali, gli Ateliers Varan e la residenza “Frontières 2018” a Parigi, supportata dal Museé de l’Histoire de l’Immigration e dal G.R.E.C., che hanno contribuito alla realizzazione del documentario Rue Garibaldi. Nel 2021 firma con Gaël de Fournas il cortometraggio Akouchetame, parte di un nuovo progetto condiviso, in fase di lavorazione: Dar El Walidin. Per la casa editrice Artdigiland ha curato un volume intervista – Il mondo Vivente – dedicato al regista Eugène Green. 

 

Filmografia

Tomba del tuffatore (2016, co- regia con Yan Cheng) 

The First Shot (2017, co – regia con Yan Cheng) 

Akouchetame (2021, cortometraggio co – regia con Gaël de Fournas) 

Rue Garibaldi (2021)