Direzione artistica
Direzione artistica: Luca Ferretti e Giovanni Piperno
Comitato di selezione: Giovanni Piperno, Ivan Frenguelli, Luca Ferretti, Giacomo Caldarelli
Programmatrice associata: Glenda Balucani
Coordinatore comitato di preselezione: Giallo Giuman
Comitato di preselezione film in concorso: Niccolò Consolo, Erika Di Silvestre, Jacopo Fiore, Giallo Giuman, Maria Enrica Mazzella, Luigi Montelione, Barbara Ticchioni, Barbara di Pietro, Daniele Saini.
Presentazione del PerSo ‘21
Dopo l’edizione militante pandemica del Perso 2020, voluta e sostenuta da tutta la squadra di lavoro, e dopo tutto quello che è successo e sta succedendo in questi ultimi due anni (non solo il Covid, ma il pianeta sempre più a rischio per la crisi ambientale, la questione dei migranti sempre più aggravata ma anche sempre più rimossa, i conflitti… ), ci siamo chiesti ma il Perso serve? Serve un altro festival di cinema nel nostro paese? Dopo sette edizioni certe domande è bene farsele, anche perché per problemi di budget anche quest’anno non abbiamo potuto organizzare il Perso Lab, che è il nostro gioiello (ma contiamo di trovare le risorse il prossimo anno), anche se siamo comunque riusciti a garantire tre masterclass di alto livello. E non sono domande retoriche: senza uno sforzo per dare un’anima originale ad un piccolo festival come il nostro – piccolo in termini di risorse economiche ma non così piccolo in termini di numero di film, giorni di programmazione, ospiti internazionali, cinema coinvolti, pubblico, ecc. – si rischia di perdere il senso di quello che si fa. Anche perché oggi tutti noi raccontiamo continuamente la realtà con i nostri telefoni, sommergendo la rete di milioni di immagini al 98% prive di sguardo, se non quello rivolto verso noi stessi. E contemporaneamente la democraticizzazione dei mezzi di produzione professionali ha portato ad un’offerta di audiovisivo, in particolare di “cinema della realtà”, che supera ampiamente la domanda mainstream; visto che le nuove gigantesche piattaforme globali esigono film e serie che rispettino le loro regole narrative, e quindi gran parte delle opere di ricerca e innovazione, magari di produzione indipendente” restano invisibili al pubblico. Insomma in questo panorama orwelliano (il povero Orwell temo stia superando Pasolini come scrittore più citato) nel quale ogni attimo della nostra vita è sommerso dalle immagini e contemporaneamente ne deve produrre altrettante, fino a non riconoscere più il confine tra la realtà e la sua rappresentazione, ricevere centinaia di film e selezionarne più di 40 tra lunghi e corti, da tutto il mondo, che ci aiutino a comprendere il presente e, possibilmente anche noi stessi, e soprattutto che siano BELLI, devo dire è già un motivo di esistere. E da questa grande offerta globale siamo riusciti anche a selezionare lavori che indicano scelte linguistiche innovative: visualizzando ad esempio interi racconti unicamente con le immagini tratte dai neonati e sterminati archivi audiovisivi di cui dispone oggi l’umanità – Youtube, Googlemaps e le telecamere di controllo sparse a miliardi per tutto il pianeta -, ma anche tornando alla pellicola 16 mm o Super 8, o rinunciando alle immagini con i podcast (che nell’ultimo anno hanno avuto uno sviluppo straordinario in Italia, ma che noi programmiamo già da tre edizioni del Perso), o incrociandosi con i linguaggi dell’arte contemporanea.
E c’è il nostro pubblico: come ha dimostrato anche l’edizione scorsa, realizzata tra la prima e la seconda ondata, il nostro è coraggioso e cinefilo – nutrito e cresciuto da una rete di sale d’essai, credo unica al mondo, per una città che ha meno abitanti del Tuscolano (un quartiere di Roma), e che è il cuore del nostro Festival – partecipa a tutte le nostre proiezioni, anche quelle dei film più sfidanti (che non mancano mai al Perso!), e dallo scorso anno guarda alcuni dei nostri film da tutta Europa anche sul web. E quest’anno portare il pubblico in sala sta diventando la sfida principale di tutto il settore audiovisivo: a Venezia due film su quattro dei premiati sono prodotti da Netflix, con la conseguenza che il film di Sorrentino potrà stare in sala solo tre settimane; un film che potrebbe avere una tenitura anche quadrupla a quella concessa dalla piattaforma e avrebbe potuto dare quindi un po’ di ossigeno agli esercenti. Paradossalmente i festival rischiano di diventare l’ultimo luogo dove il pubblico possa condividere l’esperienza cinematografica in una sala. Per questo il Perso oltre ai cinque giorni del festival punta ad organizzare proiezioni nei cinema partner anche durante il resto dell’anno, ma soprattutto, approfittando della nostra dimensione a misura d’uomo, cerchiamo ad ogni edizione di costruire una comunità del festival composta da cineasti, critici, esercenti, pubblico, per ricordare e ricordarci il piacere di vedere e parlare di cinema assieme. E per finire era importante per noi ricordare una straordinaria regista e amica del nostro festival che ci ha lasciato lo scorso anno: Valentina Pedicini. Insomma, si, ci siamo risposti, il Perso serve, anzi, ora più che mai.
Luca Ferretti
Giovanni Piperno