Scheda tecnica
Titolo originale:Sur Nos Monts
Regia:Mateo Ybarra
Produttore:Mateo Ybarra
Produzione:L'artifice
Sceneggiatura:Mateo Ybarra
Montaggio:Mateo Ybarra
Suono:Léa Célestine Bernasconi
Mixing:Adrien Kessler
Sinossi
Nell’era digitale i soldati svizzeri si mobilitano su Internet e trasmettono con i loro telefoni ogni sorta di immagini dell’esercito miliziano. Il film esplora il lato nascosto di una Svizzera cosiddetta neutrale, attraverso un mosaico di immagini provenienti dalla rete: Youtube, Periscope, Instagram aprono una nuova finestra su una scuola di mascolinità, nascosta dietro i muri delle sue caserme. Sur Nos Monts trasmette così un senso di inquietudine e di preoccupazione, dove militarismo, violenza e immagine si ritrovano accoppiati in una specie di abbraccio mostruoso, quasi a rappresentare il superamento dell’ultimo confine possibile dell’auto-narrazione social, quella della guerra permanente da mostrare e raccontare in streaming.
Note di regia
All’inizio c’era apprensione.
La preoccupazione di stare lontano da casa, di incontrare sconosciuti, di impugnare un’arma: il servizio militare è un passo temuto. In Svizzera, abbiamo la particolarità di avere un esercito di miliziani imposto per gli uomini e volontario per le donne. Durante la giornata informativa, primo contatto con l’istituzione militare, viene proiettato un video introduttivo in cui una formosa donna bionda invita un giovane a sedersi in un simulatore di videogiochi.
Una volta dentro, scopre poi una serie di sequenze da blockbuster, esplosioni di ogni tipo e decolli di elicotteri. Quali cliché hollywoodiani e fantasie guerriere, ben lontane dalla realtà del servizio.
Una volta terminata la sessione, la preoccupazione si trasforma in aspettativa. Riceviamo prima la convocazione per il reclutamento, poi l’ordine di marcia. Invito obbligatorio per ventuno settimane di vita militare. Come preparazione ci troviamo ad ascoltare passivamente le storie di amici, conoscenti e parenti che hanno già vissuto questo rito di passaggio. Da questi echi, il ricordo di qualche nonnismo, una noia costante, un cameratismo unico. L’esperienza che mi raccontano sembra un misto di estrema banalità e dolce violenza.
Tuttavia, nonostante la sua natura dolorosa, l’esercito sembra aver occupato un posto importante nella loro vita.
Solo nel 2015, all’età di ventiquattro anni, ho completato il servizio militare. Oltre alla sua natura obbligatoria, la mia intenzione principale era demistificare questa esperienza e capire da solo cosa significasse. Assunto come camionista per cinque mesi, mi sono ritrovato ad assistere a diverse funzioni militari, in luoghi diversi. Romont, Bure, Bière poi il Sempione, per non parlare di tutte le caserme visitate nella Svizzera tedesca alla ricerca dell’attrezzatura da tiro. Per giustificare la necessità del nostro impegno, l’esercito tenne corsi teorici in cui ci informavano dell’imminenza di un pericolo ancora invisibile. Anche se, secondo la maggior parte di noi, il nostro principale nemico era piuttosto la mancanza di sonno, la cui minima sonnolenza era conseguenza di una sanzione.
Poi, man mano che il servizio procede, si formano amicizie nonostante le differenze. Alcuni confini vengono oltrepassati per resistere a questa convivenza quotidiana. Raddoppiamo la nostra inventiva per passare il tempo e in questo modo creiamo relazioni spesso imprevedibili. Emergono da questa lunga e intensa esperienza, comportamenti umani di una dolce poesia. Ciò è in totale contraddizione con la realtà che l’esercito presuppone, quella di un mondo venato di paura e sfiducia.
Lungi dall’essere convinto dell’importanza di una tale istituzione e del suo funzionamento, l’intreccio tra società civile e società militare mi affascina tuttavia. Sur nos monts è quindi ancorato a un sentimento ambiguo: ritrovare ciò che è umano in un universo che cerca di ridurlo a nulla, questo è forse il mio desiderio di cinema con questo film.