Domenica 6 ottobre – 19.15
Densità, profondità e calore sono le qualità che possono definire il cinema di Leonardo Di Costanzo. Dieci film in trent’anni di carriera, tra documentario e finzione; ma tutti caratterizzati da questa forza speciale che li attraversa: l’atmosfera è precisa, si viene subito avvolti dalle vicende dei suoi protagonisti dei quali percepiamo i sentimenti più profondi, anche in assenza di dialoghi. Unità di luogo e approfondimento psicologico dei personaggi che lo abitano; all’interno di questo approccio di partenza – che ha origine nella passione per l’antropologia e nell’esperienza dei workshop di documentario degli Ateliers Varan – Di Costanzo riesce con rigore ad evitare ogni retorica e risposte facili ai dilemmi etici di fronte ai quali si trovano spesso i protagonisti dei suoi film.
Il PerSo di quest’anno gli dedica una piccola retrospettiva proiettando due documentari e il suo secondo film di finzione.
Per realizzare A scuola Di Costanzo, con la sua assistente Mariangela Barbanente, frequentò per l’intero anno scolastico 2002/2003 due classi di una media inferiore napoletana, riuscendo a condensare i conflitti tra alcuni alunni e professori e il tentativo di risolverli di una grintosissima, quanto dolente, preside prossima alla pensione, in 65 minuti: ancora oggi una esemplare lezione di cinema.
Odessa, diretto assieme a Bruno Oliviero rappresenta un momento di passaggio rispetto ai lunghi e ai corti precedenti: mantiene l’idea dell’unità di luogo – la nave ucraina abbandonata per anni nel porto di Napoli – ma è un film apparentemente più statico, scritto e beckettiano; i conflitti avvengono fuori campo, gli antagonisti sono invisibili e noi possiamo solo partecipare alle esistenze in bilico dei protagonisti, vittime della vittoria del capitalismo sul sistema sovietico, e profetiche metafore viventi/morenti della trasformazione selvaggia, che cominciava allora, del sistema economico da produttivo a finanziario.
L’intrusa, il secondo film di finzione – dopo il grande successo di critica dell’L’intervallo – è ancora un lavoro dove la relazione tra il regista e i suoi attori non professionisti è al centro del processo creativo ed è accuratamente coltivata prima delle riprese (prassi ereditata dal cinema documentario), e la vicenda accade tutta nello stesso luogo. Qui però i veri protagonisti sono gli adulti, non i ragazzi, e il tema dell’accoglienza è declinato con una tale problematicità ed inquietudine, da rendere L’intrusa un film quasi senza tempo, che non smette di interrogarci su una delle grandi questioni della nostra epoca.
Insomma tre film che rappresentano altrettante scelte di linguaggio, individuate nel percorso di un regista che non ha mai smesso di cercare nuove forme e luoghi per raccontare i suoi personaggi.