Bloodless

Director's notes

Il 31 ottobre, il presunto assassino di Yoon Keum Yi è stato arrestato mentre rientrava alla base con i pantaloni e le scarpe ancora sporchi di sangue, ma le forze statunitensi in Corea hanno rifiutato di estradarlo. Sono scoppiate proteste di massa per chiedere che il soldato fosse processato dal sistema giudiziario coreano. Ho partecipato alle proteste come matricola all’università. Abbiamo affisso manifesti sui muri e marciato diffondendo volantini ai civili. Su ogni volantino era stampata l’immagine grafica e inquietante della scena del crimine. Ogni volta che vedevo il corpo brutalmente mutilato di Yun Keum Yi riprodotto all’infinito su manifesti e volantini, vedevo la sua dignità distrutta ancora una volta. Per 25 anni ho lottato per trovare il modo di fare un film su questo tragico incidente. Ma continuavo a scontrarmi con il fatto che non potevo rappresentare cinematograficamente la storia senza sfruttare l’immagine e quindi riprodurre la violenza originale stessa. Ma con la VR, lo spettatore non è più uno spettatore passivo, che può trarre piacere voyeuristico da uno spettacolo che si trova davanti a lui (e a distanza). Quando ho capito il potenziale della VR, ho pensato a un modo per raccontare la stessa storia di violenza, senza mostrare e sfruttare l’immagine di lei. Dopo aver studiato il quartiere in cui viveva e lavorava, camminando ossessivamente in loop intorno ai bordelli, mimando il suo itinerario la notte del suo omicidio, ho deciso di farci guidare dal suo fantasma: nelle strade fatiscenti perfettamente conservate, nel locale in cui ha incontrato il soldato e infine nella piccola stanza in cui è stata mutilata ed è morta. L’immagine sul volantino mi perseguita ancora, motivandomi a tornare in questi spazi non sovrani e alle tante donne esiliate che non hanno ancora sentito la loro voce.